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Gero Caldarelli, quel torinese che fu il “ripieno” del Gabibbo

Il primo ottobre 1990 Canale 5 trasmette la prima puntata della terza edizione di Striscia la Notizia: una trasmissione che vuole essere una sorta di presa in giro dei tiggì seriosi e ingessati della Rai. Conduttori del programma di Antonio Ricci sono, Ezio Greggio e Raffaele Pisu, che lanciano servizi esterni gestiti da inviati di vario gerene. Tra questi c’è un pupazzo rosso, che parla con una fortissima cadenza ligure, che si chiama Gabibbo. Diventa subito una figura che mette d’accordo tutti, grandi e piccini, gli impegnati politicamente, che vedevano in “Striscia” un modo subdolo per abbindolare le masse e i disimpegnati, che davanti agli sketch di Greggio e Pisu si facevano grasse risate. Il Gabibbo diventa subito la colonna portante di Striscia la notizia e la trasmissione, che vede girare negli anni vari presentatori e tante veline, trova nel pupazzo rosso, la cui voce è di Lorenzo Beccati,  il simbolo di un programma la cui popolarità esce anche dai confini italiani. 

Dentro il Gabibbo c’era un attore torinese, Giorgio Caldarelli, in arte Gero. Ne da i movimenti, la comica plasticità e quel goffo ciondolare. Caldarelli aveva già lavorato per Ricci, al Drive In e arrivava da una lunga carriera in campo teatrale, soprattutto al fianco di Maurizio Nichetti.

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Nacque sotto la Mole il 24 agosto 1942 e la sua fu un’infaniza tremenda: tra gli otto e i nove anni perderà entrambi i genitori, colpiti da nefaste malattie. Un terremto emotivo, aggravato dall’inserimento in un orfanotrofio, che lo porterà a lasciare Torino per trasferirsi a Cesano Boscone. 

Ma Giorgio ha carettere e voglia di reagire ad una fanciullezza “grama“, e vede nella recitazione la propria via di fuga verso una vita caratterizzata dal riscatto. 

A dociotto anni frequenta la scuola del Piccolo Teatro di Milano, si specializza in mimo; per Caldarelli si aprono le porte dello spettacolo e a trentadue anni si mette in società con Maurizio Nichetti fondando la compagnia “Quelli di Grock“, prendendo il nome dal clown svizzeto Charles, Adrien Wettach, detto Grock. Nel 1979 la compagnia di Caldarelli-Nichetti gira il film (con la regia di quest’ultimo), Ratataplan. Al fianco di Caldarelli troviamo Angela Finocchiaro, Edy Angelillo, Lydia Biondi e, appunto, il regista milanese. 

E’ una pellicola in linea con lo stile del gruppo del Grock: stile poetico, surreale, che costò poco (soli 100 milioni di lire) e guadagnò molto (sei miliardi). 

Nel 1988 lascio quelli del Grock per dedicarmi al Teatro per bambini -disse Caldarelli in un’ intervista rilascia al Corriere della Sera alcuni anni prima della morte, avvenuta quattro anni fa- e per i miei spettacoli costruivo pupazzi in gommapiuma“. E continuava così: “io mi sono sempre considerato un mimo, mi sono perfezionato con gli anni in quest’arte che ho poi trasmesso ad importati figure dello spettacolo, come Giogio Faletti, Marco Columbro, Lella Costa e Angela Finocchiaro“. 

Nel 1990,dicevamo, entrò in scena in Gabibbo, il costume, studiato da Ricci, venne cucito dalla moglie di Caldarelli. 

Io sono il ripieno del Gabibbo“, amava dire Gero. “dar vita a questo pupazzo ha rappresentato per me qualcosa di straordinario, perchè è stata la nascita di un mito, che probabilmente verrà ricordato chissà per quanti anni“.  

Caldarelli fu però un artista poliedrico, magistrale conoscitore e filologo delle tecniche artristiche, si impegnò anche sul fronte della pittura e nella realizzazione di oggetti di vario genere, sempre a carattere scenografico. 

Gero ci ha lasciati il 20 agosto 2017, sconfitto da un tumore, dando in eredità il ruolo di “ripieno del Gabibbo” a Rocco Domenico Gaudimonte.   

Fabio Buffa